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NATO: ieri il webinar “L’allargamento ad Est”

Si è tenuta ieri la videoconferenza organizzata dall’associazione Il Burbero sul tema “L’allargamento della NATO ad Est, tra rischi di guerra e ripercussioni sull’Europa”. Sono intervenuti all’evento il responsabile dell’organizzazione Angelo Simula, la dirigente Elisabetta De Luca, il sociologo Fabrizio Fratus e l’europarlamentare di Fratelli d’Italia Vincenzo Sofo. Ha moderato l’incontro l’animatore del blog Il Burbero Mario D’Aquino. D’Aquino ha messo in evidenza in particolare gli squilibri prodotti dall’allargamento dell’Alleanza Atlantica ad Est sia nei rapporti con la Russia, sia a livello di relazioni intraeuropee e inter-atlantiche: “Nei negoziati che si stanno avendo in questi giorni tra il Cremlino e le cancellerie occidentali – ha affermato – si scontrano due diversi principi: quello della cosiddetta ‘sicurezza condivisa’, invocato da Mosca, e quello della libertà degli stati sovrani di scegliere il sistema di alleanze internazionali al quale aderire senza vincoli esterni”. “La seconda – ha proseguito – appare una posizione assolutamente legittima, in teoria, nella pratica non è possibile un ordine pacifico del pianeta se qualcuno non sente che la propria sicurezza è pienamente garantiti da determinati equilibri geopolitici, che hanno ricadute politiche militari ed economiche”. L’affiliazione dei paesi aderenti un tempo al Patto di Varsavia, ha aggiunto “ha creato problemi sia all’interno dell’Unione Europea (pensiamo all’atavica contrarietà polacca e baltica al North Stream che consente al gas russo di arrivare in Germania bypassando i loro territori), sia tra gli Stati Uniti e l’Europa nel suo complesso (basti pensare che l’attuale crisi ucraina, compromettendo il flusso di gas russo a buon mercato impone agli stati europei di acquistare il costoso shale gas, è una delle principali cause dell’aumento senza precedenti delle bollette dei consumatori europei, ma anche del rilancio dell’industria petrolifera statunitense)”. Secondo Fratus, inoltre,  “l’adesione alla NATO di paesi storicamente russofobi come Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia (e parzialmente Romania e Bulgaria) ha immesso elementi di forte aggressività, a volte illogici, supportati soprattutto da alcuni apparati americani e dalla Gran Bretagna, da sempre interessate ad evitare che si venisse a crea un blocco europeo in grado di sottrarsi all’egemonia delle potenze marittime anglofone”. “Di fatto, i paesi del blocco orientale ex Patto di Varsavia – ha evidenziato Fratus – hanno costituito una sorta di cintura di sicurezza attorno alla Russia (l’’Intermarium’), con l’obiettivo di evitare che si saldassero gli interessi energetici, economici, politici e, eventualmente, militari di Mosca con quelli dei paesi dell’Europa occidentale e centrale, vero nocciolo duro dell’Unione Europea.

Nelle sue conclusioni l’europarlamentare di Fratelli d’Italia, Vincenzo Sofo, ha rilevato come, proprio in questo frangente in cui le tensioni legate alla crisi ucraina si vanno esasperando, “chi sembra mancare all’appuntamento, dimostrando di essere incapace di tutelare i propri interessi e di posizionarsi a livello strategico come un progetto politico unitario, è proprio l’Europa. Un dato di fatto – ha evidenziato Sofo – reso plasticamente manifesto dall’andirivieni tra Kiev e Mosca dei capi di Stato e di Governo di Francia, Germania e presto, secondo quanto annunciato da Draghi, Italia. L’assenza di una politica estera unica e, soprattutto, di una forza di deterrenza militare lascia l’Europa in balia delle logiche di Mosca e di Washington”.

Francesco Di Stefano

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Sanzioni ad Haftar e ad al Tamini per riconciliare la Libia

Modern Diplomacy, autorevole intervista di respiro internazionale, ha recentemente pubblicato un articolo dal titolo “Perché è necessario aumentare la pressione su Haftar?”

Secondo gli autori, il generale Khalifa Haftar, uno dei più importanti leader militari della Libia, è attualmente il principale ostacolo al processo di pacificazione. Il ragionamento fa leva su di una circostanza molto precisa, ovvero l’accusa di corruzione e crimini di guerra che pende sulla sua testa.

“Sebbene Haftar sia stato ufficialmente nominato comandante dell’Esercito Nazionale Libico dal presidente della Camera dei Rappresentanti (cosiddetto Parlamento di Tobruk), Aguila Saleh, da diverso tempo ha smesso di obbedire ai suoi ordini, preferendo perseguire un propria linea di condotta, spesso in contraddizione con gli accordi raggiunti tra l’est e l’ovest del paese. La riprova più eclatante di quanto affermato e dell’atteggiamento aggressivo e indisponibile ai compromessi di Haftar resta l’offensiva lanciata nel 2019 contro Tripoli. Le sue ambizioni politiche sono tra le principali cause del prolungarsi del conflitto in Libia”. Così su Modern Diplomacy.

Quale potrà essere il futuro è nuovamente diventato un tema di grande attualità. Le gravi tensioni che viva in questa fase l’Europa orientale sollevano preoccupazioni e rischiano di compromettere l’approvvigionamenti energetico del Vecchio Continente.

Di conseguenza i paesi mediterranei fornitori di gas, Algeria e Libia, stanno assumendo un’importanza sempre più decisiva per l’Europa. Ma mentre l’Algeria presenta un quadro politico sostanzialmente stabile, l’ormai decennale guerra civile in cui versa la Libia ha reso insicure le forniture di gas che da questo paese, attraverso il Greenstream, giungono in Italia.

Stabilizzare la Libia è diventato, quindi, un obiettivo improcrastinabile per l’Europa, ma l’UE sembra avere scarsi strumenti per influenzare la situazione. Lo stesso Haftar, principale elemento di destabilizzazione, appare insensibile alle sollecitazioni di Bruxelles.

Per risolvere questa difficoltà, l’unica strada perseguibile è gravare Haftar, il suo braccio destro il generale Kheiri al Tamimi e il loro entourage con sanzioni economiche personali. Gli Stati Uniti lo stanno già facendo. Nel 2020, infatti, il Dipartimento del Tesoro americano ha imposto sanzioni economiche contro Haftar, bloccando fondi, merci e servizi destinati a lui e ai suoi alleati.

https://www.forbes.com/sites/arielcohen/2022/02/11/political-risks-and-hobbesian-warfare-complicate-libyan-gas-supply-for-europe/?sh=15109b583738

Non solo. In questi giorni i tribunali USA si apprestano a processare Haftar per crimini di guerra e, siccome lui e i suoi figli sono cittadini americani e dispongono ancora di proprietà e legami commerciali negli Stati Uniti, Washington è in condizione di utilizzare tutto questo come strumento di pressione per condizionarne i comportamenti.

La timidezza dei paesi UE nei confronti di Haftar appare a questo punto inspiegabile, a meno di inconfessabili legami d’affari esistenti con lui e i suoi collaboratori più stretti. Le circostanze però, a questo punto, impongono un’accelerazione in questa direzione, per non trovarsi spiazzati dall’iniziativa messa in campo dagli Stati Uniti.

Per il mantenimento del suo potere soprattutto militare, Haftar dipende dalle esportazioni illegali di petrolio, venduto attraverso varie società di intermediazione con sede legale negli Emirati Arabi Uniti. Proprio per questa ragione Haftar è poco propenso a favorire un processo di pacificazione della Libia volto al ripristino della integrità territoriale e statale del paese. Ciò, infatti, lo priverebbe delle sue principali fonti di reddito.

E’ interessante notare come Washington, tra le varie sanzioni, non ne abbia imposte alcune specifiche sul commercio di petrolio. Potrebbe farlo l’Unione Europea. Sarebbe l’unico modo per costringere “la volpe del deserto” a favorire il processo di riconciliazione nazionale in Libia.

Vincenzo Mollo

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Nuovo colpo di scena in Libia

Crisi politica

Il caos libico continua a fornire alle cronache colpi di scena: nelle ultime settimane si è assistito all’ennesima girandola di alleanze, con ex nemici all’ultimo sangue fino a ieri che improvvisamente hanno preso a marciare fianco a fianco.

E così ieri è avvenuto che la Camera dei Rappresentanti di Tobruk eleggesse premier Fathi Bashagha, ex ministro degli Interni del governo di Fayyez al Sarraj e notoriamente vicino alla Fratellanza Musulmana.

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2022/02/10/libia-bashagha-nuovo-premier-designato_35795cc5-e032-43be-9cc4-994107d50d63.html

Il noto politico di Misurata, un tempo perno del governo di Tripoli e fiero avversario del generale Khalifa Haftar e del presidente del Parlamento di Tobruk Aguila Saleh, ha, infatti, stretto un patto politico con costoro a dicembre, coronando la sua aspirazione ad assumere la carica di capo del governo.

In realtà il nuovo esecutivo presieduto da Bashagha si oppone al Governo di Unità Nazionale guidato da Abdelhamid Dbeibah con il placet della comunità internazionale: composto nel marzo del 2021, esso aveva ricevuto il mandato di organizzare entro il mese di dicembre dello stesso anno le elezioni per il presidente e per il parlamento. Queste, però, sono state rinviate sine die e la Camera dei Rappresentanti non ha inteso accogliere l’istanza di Abdelhamid Dbeibah di continuare a guidare il paese fino alle consultazioni elettorali e ha ritenuto ormai scaduto il mandato del Governo di Unità Nazionale e necessario, al tempo stesso, eleggere un nuovo governo più efficace.

Ancora una volta, quindi, la Libia si trova immersa in una crisi politica con due governi che rivendicano entrambi la legittimità ad esercitare il potere.

La risposta dell’ONU

Sulla carta, Fathi Bashagha appare più forte, godendo del sostegno del Parlamento e del principale leader politico della Cirenaica, Aguila Saleh. La nuova alleanza vede oggi unite l’intera Libia orientale e parti consistenti di quella occidentale, a cominciare dalle influenti fazioni e milizie della città di Misurata, laddove l’autorità  di Dbeibah è riconosciuta solamente da una parte della popolazione della Tripolitania.

Il portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite Stephane Dujarric, però, ha ribadito che l’ONU non intende mollare Abdelhamid Dbeibah e continua a considerare legittimo il suo governo, nonostante la decisione della Camera dei rappresentanti. 

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/libia-l-onu-continua-a-sostenere-dbeibah-come-premier_45659924-202202k.shtml

Stephane Dujarric ha tuttavia precisato che la posizione delle Nazioni Unite è provvisoria, in attesa dell’esito delle consultazioni avviate dalla consigliera speciale del segretario generale Onu, Stephanie Williams, con i rappresentanti libici. La Williams ha addirittura affermato che la decisione del parlamento libico di “approvare un nuovo governo, è totalmente sovrana e rientra nella sfera di competenza delle istituzioni libiche”, sebbene abbia esortato “queste istituzioni ad operare in modo trasparente e consensuale con tutte le parti interessate e sulla base di regole e procedure stabilite, compresi gli accordi internazionali”.

La posizione degli Stati Uniti

E’ probabile che l’attendismo delle Nazioni Unite sia legato alle forti perplessità di Washington dovute al coinvolgimento di Khalifa Haftar nella nuova alleanza. Il generale ha appoggiato la formazione del nuovo governo a condizione di mantenere la propria posizione nella nuova geografia del potere e il suo apparato militare.

Il 7 e l’8 febbraio Roma ha ospitato una serie di incontri sulla Libia, cui hanno preso parte rappresentanti del Qatar, il ministro degli Esteri greco Nikos Dendias e  la consigliera speciale del segretario generale Onu, Stephanie Williams, ricevuti dal titolare della Farnesina Luigi Di Maio.

https://www.libyaobserver.ly/news/rome-hosted-international-gathering-discuss-developments-libya

Sembra che anche l’ambasciatore americano in Libia Richard Norland fosse presente ai colloqui di Roma: questi avrebbe insistito affinché Haftar venga escluso dal processo politico in atto. Gli USA considerano il generale un criminale di guerra in seguito alla sua offensiva lanciata contro Tripoli nel 2019, un punto di vista condiviso dalla Williams, lei stessa ex diplomatica statunitense. Gli americani, insomma, si aspettano che gli alleati europei facciano pressioni su Haftar e lo costringano ad uscire dalla scena politica libica.

Sanzioni e processo

Negli Stati Uniti le udienze del processo contro Haftar potrebbero riprendere a breve: lo chiedono gli accusatori del generale dopo l’interruzione collegata alle elezioni previste il 24 dicembre scorso. Ora lo scenario è cambiato e Khalifa Haftar deve rispondere dell’accusa di aver commesso crimini di guerra dinanzi a un tribunale americano in Virginia, essendo lui cittadino statunitense ed essendo stato a lungo residente in quello Stato. 

https://www.africaintelligence.com/north-africa_politics/2022/02/07/following-election-cancellation-threat-of-us-trials–resumption-stalks-haftar,109731921-art

Le probabilità che i paesi europei, sollecitati dagli Stati Uniti, impongano sanzioni contro Haftar sono molto alte, così come le possibilità che egli venga condannato dai tribunali americani. Se le cose andassero così, il generale sarebbe definitivamente escluso da qualsiasi gioco politico.

Washington ha da tempo stretto buone relazioni con Fathi Bashaga e sarebbe disponibile a negoziare con lui, ma sicuramente non con Haftar.

Bashaga, Saleh o anche lo stesso Dbeibah, pur fortemente indebolito, sono percepiti dagli USA come partner assai più affidabili e prevedibili dell’instabile e ormai compromesso Khalifa Haftar.

Franco Degli Esposti