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La sicurezza energetica dell’Italia è in bilico

I problemi energetici e migratori dell’Europa sono esacerbati dalla Turchia

La sicurezza dell’Europa (e dell’Italia) in termini di approvvigionamento di petrolio e gas è sempre più precaria. Le elezioni presidenziali e parlamentari che avranno presto luogo in Libia potrebbero confermare oppure smentire questo quadro geopolitico, ciò che è certo è che le nuove autorità potrebbero trovarsi a dipendere da Ankara, e con loro anche l’Europa.

Il settore energetico della Libia

La Libia è un fornitore chiave di carburante e gas per l’Italia e altri paesi europei. L’ENI Corporation è il più grande attore nel business energetico della Libia, e per l’Italia è fondamentale continuare ed espandere la cooperazione. Il recente incontro a Tripoli, tra l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi con il primo ministro del Governo di Unità Nazionale della Libia, Abdul Hamid Dbeibeh, dimostra quanto la questione sia prioritaria per l’Italia e l’Europa. Durante l’incontro hanno concordato che l’azienda italiana massimizzerà la produzione di gas in Libia.

Tuttavia, è chiaro che le questioni energetiche sono strettamente legate al successo della diplomazia. La politica estera del nuovo governo libico appare, al momento, totalmente imprevedibile, causando non poco nervosismo nei leader di quei paesi che – a livello energetico – si appoggiano alla Libia.

Tra tutte le ipotesi, lo scenario peggiore si verificherebbe se il nuovo presidente e il Parlamento fossero molto vicini alla Turchia. Ankara, che aumenta la sua influenza attraverso il governo di unità nazionale e le reti locali dei Fratelli Musulmani, potrebbe quindi intaccare fortemente gli interessi dell’Italia. L’Italia si troverebbe costretta a esportare il petrolio dalla Libia o dall’Azerbaigian attraverso la Turchia (passando per il Gasdotto Trans Adriatico).

La seconda opzione è la più instabile che si possa immaginare: in caso di dissidi nelle relazioni diplomatiche con la Turchia, a essere colpito immediatamente sarebbe proprio il comparto energia, con grave danno per l’Italia. Soprattutto considerando l’aumento dei prezzi dell’energia in Europa, una simile eventualità sarebbe disastrosa.

Perché la cooperazione Turchia-Libia è pericolosa?

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è affermato come un leader astuto con ambizioni neo-ottomane, che ha molto spinto per introdurre i propri militari all’interno di Stati vicini, considerati strategici, soprattutto quando questi sono in una situazione di forte instabilità politica. La Turchia, infatti, non ha mai ritirato i militari e i mercenari dalla Siria dalla Libia, neanche dopo i negoziati internazionali delle Nazioni Unite.

Il Ministero della Difesa turco ha detto che il Paese continuerà la cooperazione in materia di sicurezza secondo quanto stabilito da un precedente memorandum.

Non è la prima volta che l’Europa sente un simile ultimatum dalla Turchia. La Turchia ha ripetutamente ignorato le raccomandazioni e gli accordi relativi alla sicurezza e alla fornitura di armi in questi scenari. Erdogan ha anche fatto leva sull’Unione Europea giocando sulla questione della migrazione di massa quando ha minacciato di rilasciare tutti i clandestini diretti verso le coste europee.

Le prossime elezioni in Libia potrebbero rivelarsi drammatiche per l’Europa se la posizione filo-turca delle autorità si rafforza. Per ora, il governo provvisorio del GUN ha già arruolato il sostegno turco. Inoltre, i rappresentanti di organizzazioni radicali come i Fratelli Musulmani – per esempio, il Presidente dell’Alto Consiglio di Stato, Khalid Almishri – stanno collaborando con Ankara.

Se la tendenza continua, il nuovo governo in Libia sarà filo-turco, la Turchia, attraverso le sue reti islamiste, sarà in grado di influenzare le decisioni chiave sui bilanci, i grandi contratti e le consegne, nonché di influenzare la situazione politica interna del Paese nordafricano. L’Italia diventerà un facile ostaggio della questione energetica a causa della Turchia.

Il destino della Libia

Secondo le informazioni attuali, le elezioni presidenziali in Libia avranno luogo il 24 dicembre, mentre le elezioni parlamentari sono già state rinviate a gennaio. La situazione rimane instabile, con le varie frange del potere che già litigano tra loro. Per esempio, il GUN è già diffidato dalla popolazione locale – il 21 settembre, in presenza del suo leader (Agila Saleh) la Camera dei rappresentanti ha approvato un voto di sfiducia al governo di Abdel Hamid Dbeibeh. I parlamentari hanno accusato il GUN di aver stipulato contratti che non erano stati concordati e che potrebbero portare a grandi debiti esterni, così come di aver sottratto grandi somme dal bilancio non approvato.

In un tale ambiente, attori esterni come la Turchia potrebbero facilmente influenzare la destabilizzazione del Paese. A sua volta, le conseguenze di un simile scenario minacciano in primo luogo la stessa Libia: dividendo di nuovo il paese “a metà” e in fazioni separate con i propri interessi). La mancanza di cooperazione internazionale provocherebbe anche un’altra ondata di migrazione incontrollata verso l’Europa.

Gli incontri di Ginevra dei giorni 6-8 ottobre hanno riguardato il ritiro delle truppe straniere dalla Libia. La Turchia sta ovviamente ignorando quanto stabilito dal Comitato militare congiunto 5+5 perché non è interessata alla pacificazione, ma all’ulteriore ottomanizzazione della regione nordafricana. Se l’influenza di Ankara dovesse aumentare, chiunque diventerà il prossimo presidente (anche Khalifa Haftar) sarà condannato ad essere pro-turco o almeno a fare i conti con i diktat della Turchia, ostaggio dei mercenari che Erdogan mantiene sul territorio.

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